La Fototerapia, il Tacrolimus e i JAK inibitori per la cura della Vitiligine

A fine estate può accadere che, mentre l’abbronzatura va via, compaiono delle macchie pallide, molto più chiare della pelle circostante.
Come spesso avviene in dermatologia, in questo caso bisogna distinguere tra una dermatite infettiva, le micosi, e le patologie non contagiose, ma strettamente legate a un’alterazione della pelle, quali la vitiligine.
La diagnosi differenziale tra le due malattie si basa su tre principi fondamentali. L’esperienza clinica del dermatologo, l’esame con la lampada di Wood e sull’esame microbiologico che saranno positivi in caso di micosi, e negativi in caso di vitiligine.
Nel caso della micosi, con ventuno giorni di terapia, specifica perché etiologica, si risolve l’infezione, le macchie bianche scompaiono, e il malato guarisce.
Per la vitiligine, al contrario, non disponiamo ancora di una terapia etiologicamente mirata, non potremo quindi assicurare al malato la guarigione.
Si tratta di una malattia acquisita e poligenica caratterizzata dalla comparsa di aree cutanee depigmentate, di grandezza diversa. Colpisce qualsiasi età, sesso o razza, ma è più evidente nelle persone con cute più scura. La prevalenza è stimata intorno al 3% della popolazione.
Pur non essendo accompagnata da sintomi soggettivi (quali malessere, febbre, dolore, ecc.) riesce egualmente a compromettere l’equilibrio psico-fisico del paziente per le alterazioni estetiche che causa, capaci di modificare profondamente la qualità della vita di chi ne è affetto.
Non si conoscono le cause precise che provocano la scomparsa dei melanociti nella cute, ma sono state proposte molte ipotesi quali la teoria autoimmune, il danno ossidativo, la tossicità neurale e le infezioni virali.
Secondo la teoria autoimmune umorale, si producono degli anticorpi in grado di danneggiare le cellule melanocitarie. Questa teoria spiegherebbe anche la frequente associazione della vitiligine con altre malattie autoimmuni.
La teoria del danno ossidativo postula che la distruzione dei melanociti sia la conseguenza dell’azione tossica dei radicali liberi dell’ossigeno, delle molecole ad alta energia ma breve emivita che si producono nei processi infiammatori e dopo l’esposizione ai raggi ultravioletti. Molti farmaci d’origine vegetale sono in grado di contrastarne l’effetto ma, vista la breve vita dei radicali liberi, devono essere assunti ad orari precisi e per lungo tempo, onde mantenere costantemente livelli ematici efficaci. Associati alla fototerapia prevengono l’ulteriore produzione di radicali liberi dovuti all’esposizione agli ultravioletti.
A supporto di tale teoria c’è il riscontro, nei pazienti affetti da vitiligine, di bassi livelli di glutatione eritrocitario (un antagonista dei radicali liberi) e alti livelli sierici di ossido nitrico.
A tale scopo, ho trovato molto efficace l’associazione di estratti di Cardo Mariano, Carciofo e Tè verde.
La teoria neurale suggerisce che la vitiligine derivi da un danno melanocitario mediato da fattori chimici rilasciati dalle terminazioni nervose. Biopsie eseguite in casi di vitiligine segmentaria hanno dimostrato la presenza di danni degenerativi degli assoni e alti livelli di neuropeptide-Y.
La teoria virale prevede un danno dei, melanociti direttamente provocato da un’infezione da virus. A sostegno di tale teoria vi è la presenza nei preparati istologici del Citomegalovirus, dei virus dell’epatite C, e del virus Ebstein-Barr.
Tutte queste teorie si basano su reperti clinici e istologici certi ed obiettivi ma non conclusivi, di conseguenza è probabile che la vitiligine derivi dall’intervento contemporaneo di più cause, questa è nota come teoria della convergenza.
Questa condizione cronica è notoriamente difficile da curare. Il trattamento con corticosteroidi topici o inibitori della calcineurina, spesso combinato con fototerapia, può produrre replicazione parziale in zone di vitiligine del viso e nel tronco, ma i siti acrali sono refrattari a tutti i trattamenti disponibili. Nella mia esperienza la fototerapia selettiva con ultravioletti B a banda stretta conduce ai risultati migliori con minimi rischi di effetti collaterali.
Continua nel prossimo numero

raffaeleiandoli.ilponte@gmail.com

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