COMODATO E LOCAZIONE: UN CONFINE MOLTO SOTTILE DI SEPARAZIONE

 

 

Un confine sottile separa il contratto di comodato dal contratto di locazione, creando in alcune circostanze una notevole confusione tra le due tipologie contrattuali e spesso anche delle spiacevoli conseguenze economiche oltre che giuridiche.
La nozione di comodato è contenuta nell’articolo 1803 del codice civile il quale, al comma 1, afferma che: “il comodato è il contratto col quale una parte(comodante) consegna all’altra (comodatario) una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. Il comodato è essenzialmente gratuito”.
La (sostanziale) gratuità distingue il comodato dalla locazione, infatti, se per l’uso della cosa altrui, mobile o immobile, è previsto un corrispettivo, il contratto che si configura è la locazione.
I tratti essenziali e distintivi del comodato sono:
– la natura reale, in quanto il perfezionamento del contratto si ha  con la “consegna” del bene;
– la gratuità, ravvisabile nella incompatibilità di un corrispettivo a carico del comodatario per l’uso della cosa;
– l’unilateralità che si configura nell’obbligazione del comodante di non poter chiedere la restituzione della cosa prima del termine convenuto.
Se in relazione alla natura reale ed unilateralità del comodato non sono sorte particolari problematiche, più dibattuta è quella della gratuità, in quanto non è infrequente che nella pratica quotidiana al contratto di comodato sia apposto un onere, e che:
– il comodatario se ne serva per vantare sul bene che gli è stato concesso in uso, pretese e diritti che vanno ben al di là di quanto previsto e voluto dal legislatore con questa figura contrattuale;
– venga utilizzato dal comodante per mascherare un vero e proprio contratto di locazione che comporterebbe obblighi, spese e oneri ben più gravosi.
Sotto il profilo della forma, il Codice Civile, che regolamenta tale tipologia contrattuale non prescrive alcun vincolo di forma né sostanziale, né probatoria, di conseguenza come fatto presente dall’Agenzia delle entrate con la R.M. n. 14/E/2001 prima di stabilire il corretto trattamento fiscale del contratto di comodato ai fini dell’imposta di registro, è bene ricordare che quest’ ultima colpisce tutti gli atti scritti a contenuto patrimoniale formati in Italia o, se formati all’estero, aventi ad oggetto il trasferimento di diritti reali o la locazione o l’affitto di beni immobili o aziende situate in Italia.
Nel caso di contratto di comodato è opportuno distinguere tra le seguenti due fattispecie:
– contratto di comodato redatto in forma scritta;
– contratto di comodato stipulato verbalmente.
Nel caso di un contratto di comodato redatto in forma scritta, per una corretta applicazione dell’imposta di registro, occorre effettuare una ulteriore distinzione a seconda che il contratto abbia ad oggetto:
– beni immobili;
– beni mobili.
Il contratto di comodato di beni immobili redatto in forma scritta è annoverato tra gli atti soggetti a registrazione in termine fisso, con applicazione dell’imposta in misura fissa (€ 200,00), oltre l’imposta di bollo nella misura di €. 16,00 per ogni copia, indipendentemente dal fatto che sia stato redatto con atto pubblico o con scrittura privata autenticata. Infatti, sia che sia redatto come scrittura privata non autenticata che nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata per i beni mobili deve essere registrato, solamente in caso d’uso, con applicazione dell’imposta di registro nella misura fissa di € 200,00.
Per i contratti verbali è necessario invece richiamare l’art. 3 comma 1 D.P.R. n. 131/86, il quale elenca i contratti redatti verbalmente che devono essere sottoposti a registrazione.
Pertanto restano esclusi dal campo di applicazione dell’imposta di registro i contratti verbali di comodato aventi ad oggetto beni mobili o immobili ad eccezione del caso in cui siano citati in altri atti scritti (ad esempio contratti di locazione o affitto di beni immobili nel territorio dello Stato).
La recente Legge di Stabilità 2016 ha previsto l’obbligo di registrazione del contratto di comodato tra parenti in linea retta (genitori/figli) per poter beneficiare della riduzione della base imponibile ai fini Imu e Tasi del 50%.
L’agevolazione si applica alle unità immobiliari, escluse quelle “di lusso” (A/1, A/8 e A/9), concesse in comodato a parenti in linea retta entro il primo grado che la utilizzano come abitazione principale.
La registrazione del contratto è solo una delle condizioni necessarie, occorre infatti anche che il comodante:
– possieda un solo immobile in Italia, oltre all’abitazione principale non di lusso sita nel Comune in cui è ubicato l’immobile concesso in comodato;
– risieda anagraficamente e dimori abitualmente nello stesso Comune in cui è situato l’immobile concesso in comodato.
Per fruire dell’agevolazione, inoltre, il comodante deve presentare la dichiarazione IMU che attesti il possesso dei requisiti richiesti.
Viceversa, la locazione, ai sensi dell’articolo1571 del codice civile, “è il contratto con il quale una parte (locatore) si obbliga a far godere all’altra (conduttore) una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo”.
Quindi il contratto di locazione, a differenza del comodato, è un contratto a titolo oneroso e consensuale e prevede una forma normalmente libera. E’ altresì un contratto di durata che può essere determinata ed, in tal caso, non può superare i 30 anni o indeterminata e, in tal caso, il contratto cessa per effetto della disdetta di una delle parti nel termine di preavviso fissato in contratto.
Più in particolare, in base a leggi speciali, le locazioni di immobili ad uso abitazione hanno una durata non inferiore a quattro anni che si rinnova, tacitamente, per analogo periodo, mentre per gli immobili adibiti ad uso diverso da quello dell’abitazione è prevista una durata non inferiore a sei anni, per quelli destinati ad attività commerciali o professionali e non inferiore a nove anni, per quelli adibiti ad attività alberghiera, anche in questi casi con rinnovo tacito per egual durata.
Il contratto di locazione deve essere sottoposto a registrazione entro 30 giorni dalla stipula e sconta l’imposta di registro del 2% sul canone di locazione annuale con il minimo di €. 67,00, questo per la prima registrazione. Per le proroghe annuali successive, si versa sempre, l’imposta di registro del 2% entro 30 giorni dalla scadenza senza, però, l’applicazione del minimo di €. 67,00.
Se, per le sole locazioni ad uso abitativo, si opta, in sede di registrazione, per la cedolare secca il contratto viene registrato senza assolvimento dell’imposta di registro in quanto la stessa e quella di bollo sul contratto rientrano nell’imposta sostitutiva che viene pagata all’atto dei versamenti per la  dichiarazione dei redditi (730 o Unico), con le stesse regole dell’acconto e saldo in materia di Irpef, nella misura del 21% per i contratti a canone libero e del 10%, per i contratti a canone concordato fino al 2017 e del 15%, per i contratti a canone concordato a partire dal 2018.

francoiannaccone.ilponte@gmail.com

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