L’ADOLESCENZA INFINITA: MARCIA IN PIU’ NELLA VITA

 

 

Johann Wolfgang Goethe, notissimo poeta e scrittore tedesco vissuto a cavallo tra il settecento e l’ottocento amava dire: “La gioia e l’amore sono le ali per le grandi imprese”.  Gesù di Nazareth, invece (secondo i Vangeli) diceva che la “gioia consiste nel dare e non nel ricevere”. Oggi, a distanza di secoli, abbiamo la dimostrazione scientifica che la gioia e la giocosità dell’uomo rappresentano una marcia in più nella vita. Il pieno godimento dell’animo, l’allegria, la felicità, l’essere contento per qualcosa o per una persona è una consolazione, è una gioia appunto, al di là  di ciò che ha scaturito o ha innescato la soddisfazione. Frasi come: “saltare di gioia”, “essere fuori di sé tanta la gioia” oppure “essere uscito pazzo per la gioia” sono diffusissime nel nostro mondo e nel nostro modo di parlare, al di là dei dialetti o del gesticolare tipico di ogni uomo. Per i romani (nel senso di latini) la gioia più grande era costituita dal sommo “gaudium”,  da cui la nostra.…gioia.  Dagli inizi degli anni ottanta del secolo scorso fu inquadrata come eterna fanciullezza o adolescenza infinita il modo di comportarsi di alcuni uomini, quasi avessero la paura di maturare e di assumersi delle responsabilità proprie della loro età. Fu chiamata “Complesso di Peter Pan” o sindrome degli eterni adolescenti e comprendeva la mancanza di farsi carico della famiglia, degli impegni del lavoro. In  pratica corpo di adulto con mentalità di bambino. I neuropsichiatri hanno posto l’accento, a riguardo dello sviluppo di tale problema, alla carenza affettiva, ad un disordine complesso della personalità condito da poca empatia e dalla poca disponibilità di donarsi agli altri.  I Peter Pan si isolano, si concentrano nel chiedere, nel ricevere e non nel dare o nel fare, ovviamente non tutti sono di questa tipologia, tendente alla “chiusura” verso gli altri e verso il mondo che li circonda. Anche  nella favola di Barrie il protagonista Peter si astraeva dal mondo ma perché era in grado di volare e, per questo, vivere, in un mondo meraviglioso. Dal gennaio scorso, l’essere eternamente bambini non è più considerato necessariamente un male, anzi è una marcia in più per chi è rimasto bambino con una “dotazione” di “giocosità”, come Peter Pan, nel vero senso della parola e non come il suo omonimo di tipo “psichiatrico”. La voglia di divertimento rappresenta una marcia in più per poter affrontare e risolvere le problematiche della vita di tutti i giorni. Questa nostra affermazione deriva dalla lettura di un lavoro scientifico pubblicato su “Personality and individual differences” a cura della Università “Martin Lutero” di Halle- Wittemberg in Germania. La dimostrazione che non bisogna essere colossi culturali degli Stati Uniti per produrre studi pregevoli ci deriva da questa città sassone che è più piccola della nostra Avellino, ma che possiede un’antichissima università orientata alla ricerca. Secondo questa pubblicazione la “giocosità” insieme ad altre cinque caratteristiche: gradevolezza, estroversione, coscienziosità, stabilità emotiva  ed apertura a nuove esperienze rende gli adulti migliori. Migliori significa vedere più ottimisticamente il futuro, più interessante, più relazionabile e più vivibile.  Lo studio è stato condotto dallo psicologo Professor Renè Proyer in base a sondaggi, colloqui e relazioni su 3mila persone ed ha identificato quattro tipi di adulti giocosi. Nella prima classe sono stati inseriti coloro i quali avevano una giocosità orientata verso gli altri. Nel senso che amavano scherzare a ogni contatto o occasione di incontro (feste o elaborazioni di eventi anche luttuosi) con parenti ed amici. Nella seconda classe sono inseriti coloro i quali considerano la vita un gioco. Nella terza gli elementi con una giocosità intellettuale, cioè coloro i quali  “giocano” per personale preparazione culturale con pensieri ed idee, trasformandoli in discussioni gradevoli, velate da simpatica ironia. Nell’ultima classe sono stati inclusi tutti coloro i quali dimostrano di interessarsi a cose insolite, strane, anche senza nessuna ricaduta sulla vita di tutti i giorni.  Quindi essere eternamente bambini, ma non nel senso della porzione patologica della Sindrome di Peter Pan, è estremamente positivo per la vita quotidiana nel lavoro, nella famiglia e nei rapporti umani in genere. L’adolescenza infinita permette di affrontare ogni evento con una marcia in più. Fare ogni cosa divertendosi, ha ovviamente, non come se fosse un gioco, significa nella maggior parte dei casi successo e risoluzione dei problemi.  Proprio per questo concludiamo ricordando le parole del poeta,  Cesare Pavese, il quale seppure di indole triste, comprese che la scintilla che mette in moto un’azione è fondamentale per la riuscita di un nuovo impegno: “L’unica gioia al mondo è cominciare. E’ bello vivere perché vivere è cominciare, sempre ad ogni istante”.
gianpaolopalumbo.ilponte@gmail.com

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