Migranti e terrorismo

 

Quando si parla dei problemi connessi all’enorme flusso di persone che, dall’Africa e dal Medio Oriente, stanno arrivando in Europa alcuni organi di informazione (ed alcuni partiti o esponenti politici) commettono il grave errore di confondere il tema dei migranti con quello del terrorismo. Fino a concludere che il fenomeno delle emigrazioni di massa sarebbe il veicolo principale usato dall’Is per portare la guerra nelle nostre città.
Niente di più sbagliato e di più pericoloso: proviamo a capire perché!
Un’amica torinese, che stimo molto, diceva che nell’affrontare un “dissidio” (nel nostro caso, quello tra gli immigrati islamici ed il nostro mondo) la prima cosa da fare, per cercare di capire  gli “altri”, è mettersi nei loro panni,  provare a ragionare come fanno loro, riuscire a cogliere il loro punto di vista: che non vuol dire giustificarlo o approvarlo, ma soltanto conoscerlo!
In verità di due cose dovremmo essere convinti: che gli islamici di seconda generazione sono, spesso, degli emarginati: che odiano la società nella quale vivono non tanto perché è cristiana ma perché li mantiene in una condizione di inferiorità (meglio, di esclusione) rispetto agli altri cittadini. Poi, che il terrorismo fondato sulla “fede religiosa”, in tutti i tempi ed a tutte le latitudini, è un fenomeno, in sé, assolutamente identico e pericoloso!
In Italia, il problema è, fortunatamente, limitato, perché il nostro non è mai stato uno stato colonialista sicché non abbiamo “importato” intere generazioni di persone dalle colonie (come hanno fatto francesi, belgi ed inglesi) lasciandoli  “marcire” nelle periferie metropolitane!
Per gli islamici di seconda (o terza) generazione il terrorismo può rappresentare la  risposta ad un “tradimento”: molti di loro sono venuti in Europa per inseguire un sogno che gli Stati di appartenenza hanno tradito! Ed oggi si illudono di trovare nel fondamentalismo religioso il riscatto che non sono stati in grado di ottenere nelle loro comunità.
In pratica, rappresentano più una questione sociale, sicché il fanatismo religioso è la causa immediata del fenomeno, non quella originaria. Il terrorismo, infatti, non è diverso dai fenomeni estremi che l’Italia ha conosciuto negli anni ’70: con l’aggravante che l’”abito religioso”  lo rende di gran lunga più pericoloso rispetto all’estremismo nato dall’ideologia politica.
Ricordo un bel film di Gillo Pontecorvo, “Ogro”, sul terrorismo basco: dalle origini fino all’attentato al generale franchista Carrero Blanco. Una delle scene più significative del film narra l’incontro tra il sacerdote (il “formatore” dei rivoluzionari baschi, giovani allievi nel suo convento) ed il più irriducibile tra i terroristi, quello che rifiutava il “compromesso” con il potere politico (che, pure, aveva riconosciuto molte delle richieste dell’autonomismo).
In quel dialogo, rispetto alle sollecitazioni del prete ad abbandonare la lotta armata, c’è il duro rimprovero del giovane al suo “maestro”: per la mancata coerenza rispetto all’”atto di fede” nella lotta rivoluzionaria che lui stesso gli aveva insegnato! E poi, come non ricordare le teorie dei brigatisti di formazione cattolica che arrivavano a giustificare ogni forma di “assassinio politico”, rapportandolo al brano biblico di Giuditta la cui mano venne “armata” da Dio per uccidere il tiranno!
Ciò, per spiegare che l’errore più grossolano che si possa fare è quello di trattare il fenomeno terrorista come una “guerra di religione”: anche da parte del mondo occidentale e cristiano! Per questo dovremmo condannare quei partiti e quei politici che, per  qualche voto in più, pensano di risolvere il problema alimentando le diffidenze, favorendo le esclusioni ed incoraggiando le reazioni anche della parte sana degli immigrati islamici.
Certo, un atteggiamento di comprensione, di amore e di accoglienza (per quelli che scappano dalla guerra e dalla fame) non deve portarci a rinunciare ai valori ed ai principi della nostra società, per ammetterne altri che non si conciliano con le nostre“libertà”. Così come è auspicabile la massima fermezza nei confronti di ogni ingiusta minaccia! Però dovremmo avere una visione complessiva del problema che possa portare alla effettiva integrazione degli immigrati, evitando il rischio che il malaffare utilizzi il fenomeno per facili arricchimenti alle spalle di costoro!
Sappiamo bene, infatti, quante risorse si sprecano solo per assisterli nei bisogni primari, senza fare quasi niente per aiutarli ad essere autonomi, senza pensare al loro futuro. Come se rispetto ad un parente, povero o sfortunato, che ci arriva in casa in cerca di aiuto, noi ci limitassimo ad offrirgli un letto o un pranzo, senza un gesto di tenerezza e di effettiva com-passione rispetto ai suoi problemi! Chi, potendo farlo, non si impegnerebbe a trovargli un alloggio più stabile (magari mettendo a disposizione una casa sfitta e/o abbandonata)?  Chi non si impegnerebbe a trovargli un lavoro, un’occupazione che possa permettergli di vivere, dignitosamente, la propria vita, inseguendo i propri sogni?
Papa Francesco ci ricorda che:”I migranti sono nostri fratelli e sorelle che cercano una vita migliore lontano dalla povertà, dalla fame, dallo sfruttamento e dall’ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta, che equamente dovrebbero essere divise tra tutti.” (cfr: Messaggio per la giornata dei migranti)
Perciò quando mi capita di ascoltare quelli che si ergono a “difensori” dei valori cristiani rispetto ai pericoli del fondamentalismo islamico, la prima domanda che mi viene è: ma di cosa parliamo? E poi: quanta Misericordia riusciamo a vedere nelle scelte “cristiane” dei governanti europei?
 michelecriscuoli.ilponte@gmail.com

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