“NON E’ DI QUA”

DI GIANPAOLO PALUMBO

Sta avendo un grande e meritato successo il romanzo di Maria Loreta Chieffo, originaria di Zungoli e dirigente scolastica a Napoli ambientato nel suo paese d’origine. Il libro “Non è di qua” vincitore del Premio Letterario “Borghi d’Italia” è un giallo edito da Antonio Tombolini, presentato prima alla Libreria Feltrinelli di Napoli e successivamente alla Libreria “L’angolo delle Storie” di Avellino. Ad illustrarlo la nota scrittrice Emilia Bersabea Cirillo irpina e con origini zungolesi. Secondo la giornalista Maria Paola Battista il romanzo fin dal titolo è un colpo da maestro. Attrae subito. Piace perché è “intrigante, meticoloso, pittoresco, con autrice e protagonista che sono curiose, coraggiose, sensibili capaci di riunire i luoghi del cuore e quelli fisici”. Loreta ama Zungoli e vuole bene al suo hobby, ed ha ragione Antonio Gaudì che quando dice che: “Per fare bene le cose ci vuole prima l’amore e poi la tecnica”. Alla passione per lo scrivere deve convivere quello per il leggere, anche perché “La lettura è una forma di amicizia, la più sincera, perché con i libri non ci sono convenevoli. Se trascorriamo la serata con loro è perché ne abbiamo veramente il desiderio” (Marcel Proust da “Giornale di lettura”). Quindi accanto all’amore per il raccontare deve esserci l’amore per lo scrivere e per il leggere. Per dirla sempre con Proust la “ricerca del tempo perduto” può essere fatta anche grazie ai libri. Libri che devono avere caratteristiche di scorrevolezza, di “appassionamento”, di storia, di amore per i luoghi che si descrivono e si rivivono nel racconto, nella memoria, nel ripristino delle sensazioni di un tempo. Maria Loreta Chieffo ci sollecita, con il suo “giallo”, le cose belle di una volta, le cose semplici, i rapporti tra popolo e signori, tra nobiltà decadute ed avanguardie di modernismo, nella sua Zungoli, nel cuore dell’Irpinia d’Oriente, bellissimo borgo come altri cento nella nostra terra. Tutti con “mille anime, quattro bar e due piazze, un prete a prestito con il paese vicino, cani e gatti senza padrone”. Il paese più tranquillo del mondo finchè non succede un qualcosa per cui :”non stiamo chiu’ in grazia di Dio manco qua”. Quella grazia di Dio è il millenario senso di serenità, pace, silenzio. A Zungoli non c’è differenza tra notte e giorno, non ci sono rumori, tutto è ovattato. I comignoli sono sempre arroventati per il fuoco d’inverno ed il sole d’estate. Non esiste il traffico nella vita dell’Irpinia d’Oriente. E’ il ritmo non isterico dei luoghi che dà il senso della calma più profonda, la tranquillità che pervade il vivere quotidiano. Anche nelle case tutto si conserva, tutto è fermo. Come il controbuffet a casa di “Ngiulinella”, uguale per forma e contenuti a cento altri. Contenevano e contengono: il servizio “buono” regalo del matrimonio, i bicchierini per il rosolio, le tazzine per il caffè per gli ospiti, la zuppiera per il brodo, ecc, ecc. Un mobile a ricordo di una vita, nonostante che “i muscoli della memoria si stiano inflaccidendo”. Forse solo nel paesaggio qualcosa è cambiato: le splendide distese di verde di un tempo ora sono solo il tappeto per i giganti del vento. Loreta è la sceneggiatrice di un film poliziesco dove tutta la popolazione di Zungoli sta su Facebook o Twitter, qual surrogato del buco della serratura che è la contaminazione dei fatti, come sempre avviene nelle piccole comunità, quando si disseziona un evento che tanto colpisce, che tanto appassiona e che poi autorizza tutto al paese alla confusa ricerca della verità. Loreta è anche una grande osservatrice: descrive ogni cosa nelle varie abitazioni, nei vari ambienti piccoli o grandi che siano. Ci fa conoscere da vicino anche a noi che leggiamo: i cibi, le bevande, i caffè, l’acidità un po’ spinta del ravece, ma anche le valli, i rigagnoli, il ponte immediatamente prima del paese, le colline, i campi di tabacco, le grotte di tufo. Tutto è come li scrive, anzi come li descrive. Maria Loreta Chieffo ci sollecita, nel suo “giallo”, le cose belle di una volta, le cose semplici, i rapporti tra nobiltà (oramai solo nei titoli) e le avanguardie del modernismo, utilizzando 47 personaggi – non tutti protagonisti, alcuni sono solo citati altri solo ricordati – in 254 pagine . Loreta ha scritto un noir che ha ambientato dove è cresciuta la nonna, la madre e lei e dove ha costruito i suoi sentimenti da ragazzina in un piccolo mondo che era tutto suo. E’ anche un omaggio alla famiglia, la sua, al borgo antico, bellissimo nella sua immobilità nel tempo e considerato dai paesiologi tra i primi cento più belli d’Italia. E’ un vero inno alle cose belle di una volta che ricordano l’infanzia, la giovinezza, i primi sogni, il primo amore (nel libro ha un nome e cognome: l’Avvocato Franco Giandolfi), i primi addii con le prime lacrime . Ida la protagonista è tosta, tostissima come Loreta. Anche alcune vicende da protagonista nella scuola di oggi nel ruolo di dirigente la dipingono all’optimum per la sua capacità di navigare a fronte alta, sempre. Ottimo partner nelle indagini e forse nella vita è il Maresciallo Lorenzo Capomazza, comandante la Stazione dei Carabinieri di Zungoli, che fa diverse cose ma una alla volta, il quale però senza l’insistenza, la caparbietà e la capacità investigativa della giornalista di cronaca dal “Mattino” di Napoli difficilmente avrebbe chiuso il cerchio delle indagini ed assicurato i colpevoli alla giustizia. Ed Ida Di Maggio, la protagonista assoluta, assomiglia a Loreta immersa sempre nelle sue idee, nelle sue storie e nei suoi sentimenti, anche se in alcuni passaggi del libro Ida sembra soffrire della “Falsa sindrome delle donne troppe perfette” teorizzata nel 1869 da John Stuart Mill (il famoso filosofo ed economista britannico).

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