IL RAPPORTO TRA GIOVANI E CIBO DI PROSSIMITÀ

“Il rapporto tra i giovani ed il cibo è complicato, ma in pochi ne sono coscienti e spesso mangiano cibo spazzatura anche consapevolmente.” – Lo afferma Michele De Maio, Responsabile Giovani della Condotta Slow Food Avellino – “Come un fumatore non smette pur sapendo che il fumo fa male, molti, soprattutto nella fascia da 15 a 25 anni, dicono: “Non mi interessa, a me piace””.

Che ci si autodanneggi mangiando costantemente nei fast food o soltanto cibo industriale potrebbe sembrare una questione personale, ma non lo è affatto. Pensiamo ai danni che causa all’organismo il cibo cattivo ed alle cure di cui ognuno potrebbe aver bisogno, che verrebbero pagate dal sistema sanitario nazionale quindi da tutti. Esattamente come avviene per il fumo, l’inquinamento, le droghe, ecc., i cui effetti si sommano a quelli della cattiva nutrizione, andando a colpire l’organismo nei punti deboli per costituzione, ereditarietà o stile di vita. Ne risultano decadimento di salute e qualità di vita ed un forte incremento delle spese sanitarie.

La questione giovani-cibo nasce da una serie di esempi e comportamenti errati assunti fin dall’infanzia. Essa va affrontata e risolta alla radice con la educazione alimentare in famiglia, nelle scuole ed attraverso i mezzi d’informazione.

In primo luogo, pochi genitori fanno mangiare correttamente i propri figli, mediante una dieta varia ed alimenti genuini, anche di produzione industriale ma di qualità. Altrettanto importante è il ruolo della scuola, sia per le mense scolastiche che per l’impegno didattico del corpo docente. Fondamentale l’azione delle associazioni e degli operatori sanitari per una corretta informazione.

“La Condotta Slow Food Avellino ha verificato in oltre 45 istituti scolastici irpini che educare i bambini alla sana alimentazione è possibile e necessario” – prosegue Michele De Maio – “Attraverso interventi nelle scuole pubbliche e private, abbiamo riscontrato che i piccoli preferiscono di gran lunga prodotti artigianali di prossimità quali marmellate, miele, formaggi, dolci, ecc.”.

I bambini che non si alimentano in maniera sana saranno quasi certamente adulti propensi a consumare esclusivamente cibi di supermercati, discount e fast food, badando solo al prezzo, come si trattasse di una qualunque merce, non del fondamento della salute e della vita. È altrettanto certo che saranno molto esposti a malattie cardiocircolatorie, diabete, obesità ed alle intolleranze alimentari.

Per rendersi conto che il cibo industriale spesso non è salutare, basta leggere gli ingredienti dei prodotti che troviamo negli scaffali dei supermercati, soprattutto gli additivi (conservanti, coloranti, insaporenti, ecc.). Può essere genuino un alimento considerato solo fonte di lucro, come una merce qualunque? Non a caso, proprio coloro che hanno inventato il cibo industriale, lo diffondono e lo mangiano in abbondanza (gli americani ed i popoli anglosassoni), lo chiamano junk food = cibo spazzatura. Per giunta ora tentano di difenderlo dalla dieta mediterranea innalzando barriere doganali, per favorire la vendita della carne prodotta con largo uso di anabolizzanti, che finiscono nelle bistecche e negli hamburger e si accumulano nel corpo umano.

Una persona che ha sempre mangiato cibo scadente, anche a livello gustativo difficilmente apprezzerà un alimento genuino e riterrà il junk food saporito. Non è solo una questione di abitudine, ma dipende anche dagli additivi che l’industria alimentare inserisce nei prodotti per esaltarne sapore, colore e masticabilità, oltre quelli che indeboliscono il senso di sazietà per indurre artificiosamente a mangiare di più. Quanti lasciano un pacchetto di patatine o snack senza averlo svuotato e senza la voglia di aprirne subito un altro? Questo comportamento è indotto da uno specifico additivo, il glutammato monosodico.

Altro aspetto importante per giovani e famiglie è quello economico. Gli alimenti artigianali o comunque di qualità costano generalmente un po’ di più. Per comprendere davvero la questione, essa va invertita: bisogna chiedersi come mai il cibo industriale costa poco!

E’ vero che per un giovane è più semplice mangiare street food, piuttosto che soffermarsi in un locale con proposte di maggiore qualità. Ma è saggio farlo sempre? Molti ragazzi, influenzati dalla pubblicità e dai media, preferiscono possedere uno smartphone, vestiti e scarpe costose e mangiare cibo spazzatura. È una scelta davvero paradossale, in parte dovuta alla spensieratezza della giovane età. Ma è durante la crescita che si fondano le basi per il futuro, anche della propria salute: non occorre diventare esperti nutrizionisti, basta un po’ più di cura per sé stessi. Se davvero non c’è la possibilità economica per acquistare cibo di qualità, la soluzione migliore anche dal punto di vista nutritivo è mangiare meno e meglio.

Già Ippocrate nel V secolo a. C. (quando non esisteva l’industria alimentare!) diceva “Fa’ che il cibo sia la tua medicina” enunciando la sua teoria umorale della salute, ripresa 12 secoli dopo nel “Regimen Sanitatis” dalla Scuola Medica Salernitana, la più importante nella civiltà occidentale. Nel 1862 il filosofo tedesco Feuerbach diceva “siamo ciò che mangiamo”; provocatoriamente chiediamoci: vogliamo essere spazzatura? Nessuno sano di mente può pensarlo, quindi educhiamo i giovani a mangiare bene, semmai meno ma di qualità. E poi i cibi genuini sono molto più buoni e nutrienti di quelli industriali, dànno un senso di sazietà naturale, sono più facilmente digeribili, procurano il piacere della convivialità, donano il sapore del territorio in cui viviamo e ne aiutano la economia sostenendo l’agricoltura locale ed il turismo enogastronomico. Il cibo di prossimità, inoltre, ha un impatto fortemente positivo sull’ambiente contribuendo ad una drastica riduzione di trasporto, stoccaggio, imballaggio e spreco.

Nonostante un quadro non certamente ideale, induce all’ottimismo la inversione di tendenza che si registra negli ultimi anni, con la crescente consapevolezza dei giovani verso il cibo biologico e l’agricoltura che lo produce, che arriva in alcuni casi fino alla decisione di realizzarsi nel mondo del lavoro come imprenditore agricolo, produttore, ristoratore, biologo, nutrizionista. Finalmente anche la politica attraverso alcuni provvedimenti (purtroppo ancora pochi) ha deciso di favorire queste inclinazioni giovanili. Un esempio è il decreto con cui il ministero delle Politiche Agricole, dal 5 dicembre 2017, ha messo in vendita terreni agricoli demaniali per circa 8.000 ettari, con agevolazioni speciali per gli under 40.

A gestire l’operazione l’Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) attraverso la Banca Nazionale delle Terre Agricole (http://www.ismea.it/flex/FixedPages/IT/BancaDelleTerreAgricole.php/L/IT). Questi 8.000 ettari sono la prima parte di una operazione più vasta che arriverà a 20.000 ettari di terreno agricolo, destinati a seminativo, prato e pascolo, bosco, uliveto e vigneto.

L’annuncio è stato dato dal ministro Martina con le seguenti parole: «Diamo nuovo valore ai terreni pubblici con un investimento su sostenibilità, economia e lavoro e perciò i giovani interessati potranno richiedere mutui agevolati». Sono disponibili 60 milioni di euro «totalmente dedicati al sostegno dei giovani agricoltori», puntando al ricambio generazionale per incentivare il ritorno all’agricoltura.

Dove sono i terreni? In Sicilia oltre 1900 ettari, in Toscana 1450, in Basilicata 1750, in Puglia 1200, 660 ettari in Sardegna, 550 in Emilia Romagna e circa 450 Lazio. In Campania circa 155 ettari così ripartiti: in provincia di Avellino 5 lotti per 102,47 ettari ed in provincia di Caserta 11 lotti per 52,21 ettari. Nel sito della Banca tutti i terreni sono geolocalizzati, con informazioni su caratteristiche, tipologie di coltivazione, valori catastali.

La procedura inizia con le manifestazioni d’interesse tramite il sito della Banca delle Terre Agricole; da febbraio 2018 scatterà la gara per l’assegnazione finale. Questo l’iter:

– Da dicembre 2017 fino al 3 febbraio 2018, manifestazione d’interesse per uno o più lotti, con le modalità indicate nei criteri per la vendita, scaricabili dal sito

– Da febbraio 2018, procedura competitiva a evidenza pubblica tra coloro che hanno manifestato interesse.

“Il rapporto tra i giovani ed il cibo è complicato, ma la soluzione il più delle volte è solo questione d’informazione, buona volontà, cura di sé stessi ed attenzione per i propri cari” – conclude Michele De Maio – “Ed aiuta anche iscriversi a Slow Food, anziché starsene con le mani in mano!”

Lucio Napodano

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