EMERGENZA VIRUS E CARCERE: “LA CULTURA NON EVADE!”

A cura di Luisella Meozzi

Riprendono, dopo la pausa della Santa Pasqua, le lezioni su skype nel piccolo carcere di Massa Marittima, in provincia di Grosseto, dove in modo pionieristico e audace si sta attuando un progetto che, di fatto, sta riscrivendo la storia.

Le recenti immagini delle rivolte nelle carceri italiane, all’indomani della dichiarata emergenza da coronavirus, sono ancora impresse nella mente di tutti. Sono le notizie che passano facilmente sui edia, spesso non accompagnate da una attenta disamina di tutti i fatti e delle circostanze all’origine degli eventi.

Silenziosamente, un’altra rivoluzione sta intanto prendendo piede negli istituti penitenziari, una “rivoluzione” chiamata internet. Non è facile trovarne traccia tra i media, eppure l’evento è certamente epocale: ripristinare la didattica, come sta avvenendo per gli studenti delle scuole non ‘ristrette’, utilizzando skype.

Detta così sembra una notizia di nessun valore: lo scorso 12 marzo una circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria autorizzava il proseguimento dei corsi di istruzione in carcere mediante videoconferenze e già dal 31 marzo la casa circondariale di Massa Marittima – la prima in Italia – può offrire a 30 detenuti iscritti ai percorsi formativi di prima alfabetizzazione, scuola media e primo biennio delle superiori, il ritorno alla vita culturale e sociale.

Per capire il valore innovativo, e per questo “rivoluzionario”, del progetto, bisogna ricordare che l’uso dei telefoni e di internet è bandito dentro tutte la carceri anche durante le ore di lezione. E bisogna ricordare anche l’isolamento che esplode dentro un istituto penitenziario dove cessano improvvisamente tutti i contatti con il mondo esterno. Non ultimo, bisogna evidenziare quanto la vita sociale, culturale, scolastica e lavorativa abbia restituito – in termini statistici – una percentuale di recidiva, per gli ex detenuti, ridotta ai minimi storici.

Fondamentale, quindi, la lungimiranza della direttrice della Casa Circondariale di Massa Marittima, Cristina Morrone, e del dirigente del Centro per l’istruzione degli adulti (Cpia) di Grosseto, Giovanni Raimondi. Che hanno aperto la porta al futuro e all’innovazione, garantendo ai detenuti una quotidianità serena e attiva. Rispettando le regole dell’emergenza: piccoli gruppi di studenti, spazi idonei per le videoconferenze e distanze di sicurezza.

“Il 31 marzo, quando ci siamo collegati la prima volta, ho visto gli studenti emozionati, vestiti con cura per l’occasione, e ho capito l’importanza di quello che stava avvenendo proprio sotto i nostri occhi, mentre i detenuti hanno subito chiesto notizie e rassicurazioni su quello che stava succedendo fuori dalle mura. Tanta la paura e tante le preoccupazioni, che hanno trovato uno sfogo”. Nelle parole di Diego Accardo, insegnante del Cpia Grosseto e coordinatore della didattica in carcere, che ha partecipato al primo collegamento skype, si intuisce senza fatica il bisogno che hanno questi studenti ‘ristretti’ di tornare a comunicare con l’esterno, proprio per non perdere la strada maestra tanto faticosamente guadagnata.  

Accardo, convinto animatore del progetto e sostenitore da anni di numerose attività svolte in carcere anche grazie alla collaborazione con Slow Food, chiarisce che si tratta di “una prima fase sperimentale che prevede videolezioni sincrone su skype due volte alla settimana: martedì e venerdì, dalle 9,30 alle 11,00”. Un filo che si riannoda tra insegnanti e studenti. In più, lo spazio per riprendere il dialogo e la speranza di tornare ai progetti rimasti in sospeso.

“Superiamo le difficoltà organizzative e tecniche – afferma ancora Accardo – grazie all’ottima collaborazione tra lo staff del carcere e noi insegnanti  del CPIA”. Una collaborazione lunga quanto la relazione che si è creata in 10 anni di ottimi rapporti tra carcere, scuola e mondo del volontariato. Il Centro per l’istruzione degli adulti si è immediatamente attivato per portare nella casa circondariale massetana nuovi computer e nuovi tablet, in un’ottica che vede l’emergenza come punto di partenza per potere proseguire ancora meglio in futuro.

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