È L’ORA DI UN VOTO UTILE, MA LA CHIESA DEVE FARE DI PIÙ. NON È PIÙ TEMPO DI SOLE PREDICHE. L’INTERVISTA A MARIO BARBARISI

LE INTERVISTE POSSIBILI. a cura di Marco Arena

Mario Barbarisi, giornalista, Consigliere Nazionale della Federazione dei Settimanali Cattolici (Fisc), direttore Responsabile e collaboratore di Testate giornalistiche, docente esperto di Comunicazione Ambientale.

D.Lei rifiuta di essere definito un giornalista cattolico, mi ha chiesto di correggere la presentazione, perché?
R. Perché sono anni che ripeto nei convegni a cui partecipo che il giornalista è giornalista e basta, non c’è bisogno di specificare, è nei modi di esercitare la professione che si vede il pensiero, è da ciò che diciamo e scriviamo che dovremmo distinguerci. Altrimenti dire cattolico equivale ad una delle solite etichette.

D. Esistono molte, come dice lei, etichette nella nostra società?
R. Non molte, troppe e inutili! Abbiamo superato il concetto di “Società liquida” di Bauman, siamo talmente liquidi, nel senso di fatui, da non esistere.

D. A cosa si riferisce?
R. Al fatto che innanzitutto non abbiamo, come occidentali, una identità marcata, c’è una tale confusione che l’unica cosa che possiamo scorgere all’orizzonte è la deriva! Per l’Italia la condizione è peggiore, aveva ragione il Maestro Prezzolini quando diceva che gli italiani non sono degni eredi degli antichi Romani. Non dimentichiamo, tra l’altro, l’episodio della sentenza che vieta l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici…per una forma “di rispetto” verso le altre confessioni religiose!

D. Una visione molto pessimistica?
R. Consideri che sono da sempre considerato un ottimista. Non è pessimismo ma uno sguardo sulla realtà che ci circonda. Mi limito al nostro Paese, dopo gli anni di piombo stiamo vivendo gli anni di silicio, tutto è digitale, tutto è superato un attimo dopo, come per le foto, quando c’era la carta si conservavano, oggi, invece, sui supporti digitali scompaiano in archivi virtuali e nessuno le vedrà più.
D. È una visione contro lo sviluppo, quello tecnologico in particolare?
R. No, è una visione contro il progresso a tutti i costi, non è sempre vero che le innovazioni facciano bene e poi preferisco parlare di Progresso e non di Sviluppo. Lo sviluppo e’ un fenomeno per pochi e presuppone una crescita improvvisa ed imprevista che lascia troppe persone indietro, mentre il Progresso è una crescita che presuppone varie fasi, anche le pause per consentire a chi è indietro di avanzare al pari con gli altri. Non è una mia idea, basta rileggere il pensiero di Heidegger. Non sempre correre a tutti i costi è un bene. Anni fa sono stati introdotti i supporti digitali, i CD, Compact Disc, sembrava la rivoluzione dell’audio e invece dopo è uscito l’USB, la cosiddetta chiavetta, ed ora torna il vinile per la musica. È un ritorno al passato eppure pensiamo di essere nel futuro.

D. A proposito di futuro, domenica si vota, cosa accadrà in Italia e quale il ruolo della Comunicazione e, soprattutto, della Chiesa e dei cattolici?
R. Andiamo per ordine perché la domanda è complessa e multipla.
Domenica…finalmente si vota, ricordiamo che in Italia i governi hanno recentemente “scavalcato” le urne, un pessimo esempio di democrazia. È roba da regimi dittatoriali, ma nessuno, o pochi ne parlano.
D. Perché
R. Perché? E me lo chiede? In Italia non c’è libertà di Stampa, anche se la Costituzione la prevede, il Belpaese è agli ultimi posti nella classifica mondiale per la libertà di informazione, per la precisione al 52esimo.
D. E la Stampa Cattolica?
R. Quella è libera, molto libera, ma stranamente osteggiata e comunque non agevolata, non supportata, anche dalla stessa Chiesa. Ed è un vero peccato, vorrei ricordare, a tal riguardo, lo straordinario ruolo avuto dai settimanali cattolici in Italia nella lotta all’antifascismo. Giornali ultra centenari che hanno contribuito alla formazione di generazioni di giovani intellettuali. Molti dei quali hanno nobilitato la Politica e le Istituzioni.Oggi tutto questo è finito.
D. Proprio finito?
R. Purtroppo sì, è inutile illudersi, non c’è più nulla. La Chiesa ha abdicato, non forma più i giovani, non avvicina alla politica, ed è un controsenso perché la stessa Chiesa che ha scritto che “la politica è il più esigente Servizio di carità “, e sono parole di un prossimo Santo: Papa Paolo VI. Non è un caso se in quegli anni, ’50 e ’60 l’Azione Cattolica ha avuto uno slancio enorme. Oggi non c’è più quel clima e neanche la consapevolezza, purtroppo, di dover riprendere quel percorso.
D. Di chi sono le responsabilità?
R. Non sono interessato a trovare colpevoli e responsabili, semmai intendo lavorare perché si creino le condizioni per costruire nuovi percorsi. Uno su tutti: potenziare la Comunicazione, quella cattolica è libera, un valore assoluto.
D. Solo questo è sufficiente?
R. No, ma io sono di parte, dichiaratamente di parte, sono cresciuto nei movimenti cattolici, Movimento Missionario, FUCI, ho in mente e nel cuore il bene della Chiesa e il bene che la Chiesa può fare alla Società. Quando ero presidente della FUCI ebbi modo di recuperare un carteggio tra due giovani:Aldo Moro e Fiorentino Sullo. Entrambi sono stati uomini di Governo, hanno servito lo Stato senza tradire i valori della formazione ricevuta.
D. Perché ha detto che la Stampa Cattolica non è sostenuta?
R. È la verità, la Chiesa non ha storicamente sostenuto la Stampa Cattolica, spesso si rasentava il concetto di Stampa Clandestina, è stato così specie nell’antifascismo. Erano gli anni di don Romolo Murri, don Luigi Sturzo, Giorgio la Pira…
Oggi c’è maggiore consapevolezza dell’importanza della Comunicazione nell’azione pastorale e socio-politica, la Conferenza Episcopale italiana negli ultimi decenni ha investito tanto nella Comunicazione, basta ricordare TV2000, Avvenire ma anche i 190 giornali della Fisc, giornali del Territorio.
D. Lei è direttore del cartaceo Il Ponte e della Testata digitale ilpontenews , che esperienza ha maturato in questi anni.
R.Sono approdato in Fisc dopo aver diretto una televisione laica e dopo aver scritto per numerose testate locali e nazionali, tra cui l’Osservatore Romano.
La stampa cattolica è una scelta di libertà di opinione, per un giornalista, sempre che ne condivida gli ideali, è il massimo della libertà. È un’azione tuttora possibile, lo sarà fino a quando esisterà una Chiesa, centrale e locale, coraggiosa, ne’ più ne’ meno di quanto lo sia stato “il capo”, Gesù di Nazareth.
I vertici della Cei credo non possono fare di più, si investe tanto nella Comunicazione si destinano fondi cospicui che a volte si perdono e questo è un peccato, un vero peccato intendo.
D. Come se ne esce,c’è un modo?
R. Certo, c’è una soluzione. Quando la Chiesa è guidata da un Papa e da collaboratori che sanno comunicare e riconoscono l’importanza della Comunicazione, a tal punto da investire risorse, allora bisogna regolare e controllare dall’alto i flussi finanziari, non c’è altro modo. Nelle Diocesi, non tutte per fortuna, ci sono troppa autonomia e disinvoltura, non bisogna confondere l’orto con l’orticello, vescovi e sacerdoti sono chiamati ad essere custodi dei beni per un bene supremo, bisogna condividere con i laici le esperienze pastorali, evidentemente il Concilio Vaticano II non è stato compreso bene, forse per nulla.
D. Ultima domanda. Domenica si vota. La posizione della Chiesa?
R. Non credo esista una posizione della Chiesa, almeno una posizione univoca. Francamente non credo che giovi demandare ad altri di non meglio specificata provenienza questioni fondamentali, a meno che non ci si meravigli del dopo! Oramai siamo alla clonazione, troppe sfide sono state perse per abbandono.
D.Cosa avrebbe dovuto fare la Chiesa?
R. Per il prossimo 4 di marzo nulla, è tardi. Ma per il dopo è ancora in tempo: curare la Formazione di gente che sappia interpretare le istanze di una cultura millenaria e di una tradizione che rappresenta ancora oggi un vanto per il cattolicesimo impegnato.
D. Lo so che non mi risponderà ma io ci provo: per chi voterà?
R.Innanzitutto voterò, eserciterò il mio diritto di cittadino, un diritto ereditato da chi ha combattuto donando la propria vita, sperando che tanti altri seguano l’esempio di recarsi alle urne. Il Partito? No quello non lo posso dire, non per il segreto, ma per senso di responsabilità. Non le dico il Partito, la coalizione, ma certamente non voterò per chi ha fatto della politica una carriera, chi ha conservato poltrone e vitalizi, chi ha fatto nepotismo, chi ha ricevuto avvisi di garanzia e rinvii a giudizio, chi non rispetta il Codice Etico, chi non ha mostrato la benché minima attenzione per i bisogni della gente, dei bisognosi in particolare, degli anziani, i malati, i portatori di handicap, dei giovani, a cui, come dice il Santo Padre, si è tentato di rubare perfino la speranza….come vede il cerchio si restringe, ne restano davvero poche di scelte possibili.

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