Dermopatie e malattie da freddo

 

 

Geneticamente il nostro corpo è capace di adattarsi al clima dipendente della latitudine in cui si nasce. In prossimità dell’equatore, la pelle è più scura perché deve resistere a una maggior esposizione al Sole. La melanina in questi casi aumenta non per fattori razziali ma solo per rendere più resistenti a fattori ambientali avversi, quali gli ultravioletti, che possono provocare scottature e avere effetti cancerogenetici se si ha la pelle chiara. Nei Paesi nordici la pelle è più chiara perché altrimenti la scarsa irradiazione solare di quelle aree geografiche non sarebbe sufficiente ad attivare i precursori della vitamina D e si soffrirebbe di malattie da deficit di tale sostanza (il rachitismo).
In modo analogo la risposta alle differenze di temperatura si avvia sempre nella cute attraverso specifici recettori, delle strutture nervose specificamente organizzate come dei sensori, chiamati corpuscoli di Krause. Quando questi corpuscoli sono stimolati da una diminuzione della temperatura, emettono un impulso nervoso che è decodificato dal nostro cervello e che ci avvertirà che dobbiamo riscaldare il nostro corpo e mangiare di più.
All’attivazione dei corpuscoli di Krause è dovuta la prima reazione d’adattamento al freddo, ovvero la comparsa della pelle d’oca. La nostra pelle si raggrinzisce e diviene ruvida a causa della contrazione dei muscoli erettori dei peli. Questi si trovano nel derma, collegati ai peli. Quando si contraggono producono energia cinetica e i nostri peli cambiano posizione ma, nello stesso tempo, l’energia cinetica si trasforma in energia termica non potendo scomparire per la prima legge della termodinamica. Tale produzione d’energia è sufficiente per compensare piccole variazioni di temperatura ma non per le perdite di calore legate a un clima gelido come quello che stiamo vivendo in questi giorni.
In tali circostanze, per ridurre la perdita di calore occorre indossare indumenti pesanti ed aumentare il calore dell’ambiente in cui si vive. Ad esempio, se una grossa stanza quale un’aula scolastica è riaperta dopo le vacanze di Natale, dovrà essere riscaldata accendendo i termosifoni o l’aria condizionata almeno due ore prima dell’ingresso degli alunni nelle aule, dando in questo modo tempo sufficiente ai radiatori di superare la latenza termica del materiale di cui sono fatti (ferro, ghisa, o quant’altro) e di riscaldare adeguatamente l’ambiente. Se ciò non avviene, le aule saranno fredde e non idonee al benessere e all’apprendimento di bambini e ragazzi che dovranno rimanere fermi e concentrati per almeno cinque ore indossando un grembiulino di cotone. A evitare ciò negli uffici comunali l’impianto di riscaldamento entra in  funzione alle 6:30 del mattino, come s’intende vedendo, da Piazza del Popolo, il fumo uscire dal Palazzo Comunale.
Per vincere il freddo non è sufficiente vestirsi bene e riscaldare gli ambienti in modo adeguato, occorre anche aumentare la temperatura interna del corpo, obiettivo che si raggiunge aumentando la quantità di cibo ingerito. Per tale motivo nei Paesi dell’Europa Settentrionale, prima di uscire da casa si consumano alimenti ricchi di grassi animali e zuccheri, una fonte di energia per il pronto impiego.
E’ sconsigliato invece il consumo di bevande alcoliche come avviene in alcuni paesi del Nord Italia. Il caffè corretto con la grappa, bevanda tipica del Veneto, ha un effetto controproducente. Difatti l’alcool é un vasodilatatore e, di conseguenza, determina un aumento della perdita di calore interno del corpo attraverso la cute. La caffeina, provocando un aumento del ritmo cardiaco, accelera la velocità del sangue facilitando la dispersione di calore nei vasi.
Occorre quindi mangiare adeguatamente e vestirsi in modo appropriato.
Ciò non è stato possibile per un uomo di 43 anni morto di freddo dopo una nevicata di 48 ore, rifugiatosi in ciò che resta di in un locale commerciale fatiscente noto con il nome di “Mercatone”, che venne abbandonato dai commercianti pochi anni dopo l’inaugurazione. Un’opera inutile, dove “Angelo” un senzatetto italiano, ha perso la vita a meno di cento metri dal Palazzo Comunale e dalla Sede Vescovile. Probabilmente un miglior impiego del denaro pubblico consentirebbe di non morire di fame e stenti nel ventunesimo secolo. Per non essere razzisti sembrerebbe opportuno fornire anche ai poveri italiani almeno lo stesso aiuto che si fornisce agli extra comunitari, ospitati in residence di lusso e grandi hotel.

raffaeleiandoli.ilponte@gmail.com

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