USO IMPROPRIO DEI FARMACI

 

 

Appropriato è il participio passato del verbo appropriare e significa adatto, conveniente, adeguato, calzante, confacente, congruente, ecc. In Italia in questo frangente storico si sente molto parlare di appropriato ed appropriatezza in campo scientifico ed in particolare in campo medico. Si parla di inappropriatezza quando i medici prescrivono farmaci o troppo costosi o non presenti nell’elenco di quelli da utilizzare perché a basso costo o generizzati. “Generizzato” o “genericato” è quel farmaco il cui brevetto è scaduto e la casa farmaceutica non può più utilizzare  quella molecola in regime di monopolio e  quindi può essere messo in commercio anche da altre aziende, perché non si può più pretendere l’unicità della produzione. Spesso la parola inappropriato nasconde la non prescrivibilità di una determinata molecola ed allora da una parte vi è il farmaco erogabile e dall’altra la sua possibilità di prescrizione. Chiarito questo aspetto che delinea una chiara suddivisione tra appropriatezza ed erogabilità, veniamo all’uso improprio dei farmaci, altro aspetto nel mare magnum della medicazione di  una patologia.             Secondo la californiana Reuters Health gli antibiotici e gli analgesici sono in cima alla lista dei farmaci che vengono prescritti in modo inappropriato e che potrebbero fare dei danni, anzi più danni che benefici. Questa indagine è stata condotta online con quasi 1.600 medici ed è stato chiesto loro di indicare i trattamenti usati nella normale pratica clinica, nonostante le raccomandazioni da parte delle linee guida per l’utilizzo sconsiderato di determinate terapie. In assoluto in cima alla lista ci sono gli antibiotici che sono per il 27% dei medici intervistati un problema diffuso, mentre il 7,3% dei medici pone gli analgesici e gli oppioidi al secondo posto. Un dieci per cento dei medici intervistati ha sottolineato come siano incongrue in genere le terapie molto “aggressive” in pazienti con limitata aspettativa di vita. Secondo i sanitari americani, l’8,6% di quelli intervistati, è contrario all’utilizzo di dialisi, di procedure invasive cardiache o della vera e propria chemioterapia nei soggetti con tumori in fase avanzata che già hanno prodotto metastasi a distanza. Il 5% degli intervistati ha anche sottolineato la prescrizione incongrua di integratori a base di vitamina D, olio di pesce, calcio, multivitaminici ed acido folico. Un altro 5% ha indicato inadeguato l’utilizzo delle statine ed altri farmaci per il colesterolo in malati terminali di cancro o per prevenire negli stessi ammalati problemi cardiaci.  Il Professor Amir Qaseem, vicepresidente nazionale dell’ordine dei medici statunitensi, ha sottolineato a riguardo di questa pubblicazione che bisogna iniziare a concentrarsi sul valore delle cure badando ai benefici ed ai danni e non solo al valore dei costi.          Secondo l’illustre rappresentante dei colleghi americani  questa deve essere la strada da intraprendere per il bene reale dell’ammalato. Cita anche l’esempio della terapia antiretrovirale per l’HIV, che è molto costosa, ma dall’efficacia  talmente alta che non si guarda neppure al prezzo. Si è parlato, a margine, della presentazione di questo studio, degli antibiotici che possono essere anche molto economici, ma possono perdere ancora più valore dal momento che spesso non sono assolutamente necessari. La conclusione della ricerca americana è lapidaria nelle conclusioni: “Ognuno deve essere tranquillo di chiedere  al medico spiegazioni sulla terapia prescritta, domande che promuovono un sano dialogo sulla probabilità che una terapia sia di effettivo valore per il paziente”. Si è visto purtroppo che nel 27% dei casi la terapia  è  il frutto di una prescrizione inappropriata
gianpaolopalumbo.ilponte@gmail.com

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