QUANDO FINIRA’ IL CONTO DEGLI AMMALATI DI AIDS E DI EPATITE B E C?

 

 

Se non fosse per i batteri sempre più resistenti agli antibiotici e per la recrudescenza della tubercolosi legata di gran lunga all’immigrazione per guerre varie e povertà diffusa, stiamo attraversando un periodo positivo per vincere le battaglie  contro le tante patologie che affliggono l’umanità.  Per l’AIDS siamo di fronte ad un forte calo della mortalità grazie ai sempre più nuovi ed efficaci antiretrovirali, ma si è ridotta l’informazione  ed i 4.000 casi nuovi all’anno in Italia riguardano proprio i giovani, che si “accorgono” della malattia in fase tardiva dell’infezione quando si debbono poi iscrivere ai vari centri di riferimenti solo per allungare la vita. Nel nostro Paese ci sono quattro regioni che la fanno da padrona nella diffusione con la Lombardia in testa, seguita da Lazio, Emilia Romagna e Liguria.         Si registra in queste regioni un nuovo caso ogni due ore. Totalmente a giugno scorso si contavano in tutta la penisola 120mila persone affette da positività da HIV e/o con AIDS conclamato.  Eppure sembra che nel mondo il lavoro degli infettivologi  a riguardo avesse iniziato a dare i suoi frutti visto l’impegno finanziario delle nazioni più ricche. Il miracolo era alle porte grazie alla famosa pillola “on demand”  che si usa prima di un rapporto sessuale e successivamente per due giorni, che aiuta a proteggere le persone dall’HIV. La nuova combinazione di due nuovi antibiotici ha funzionato negli studi clinici fino ad una positività dell’86% rispetto alle persone che avevano assunto il placebo. Lo studio è durato 18 mesi, ma per il futuro la nuova formulazione farmacologica va comunque consigliata a prescindere se si “conosce” o se si hanno sospetti o meno su atteggiamenti non conosciuti del partner. Il problema è legato a chi paga la “sicurezza”, anche perché gli ammalati terminali di AIDS sono un costo notevole per le società evolute, e quindi sarebbe utile per gli Stati coprire le spese della…tranquillità. Rimane comunque un altro problema: assumere questi farmaci da soli, senza guida clinica di un sanitario, al di là della prescrizione medica, quali problematiche apre?  Un altro interrogativo che ci rende dubbiosi è la scoperta recentissima che nei fumi chirurgici legati alla laparoscopia in sala operatoria si rilevano positività per vari virus, compresi quelli dell’HIV. Tali fumi sono stati già etichettati come pericolosi ma sono sempre di meno, quantitativamente, in un intervento a cielo aperto e già stanno nascendo le problematiche di rischio legate ai pazienti ed agli operatori, a qualunque titolo, di sala operatoria. Passiamo, poi, al piano dell’Agenzia Italiana del Farmaco che è convinta, ai ritmi attuali, di “pulire dall’Epatite C” tutti gli italiani che ne siano affetti. Un miliardo di euro già stanziato per i primi due anni stanno salvando almeno cinquantamila soggetti positivi in gravi condizioni di salute o addirittura in pericolo di vita. Noi siamo dell’avviso che solo con un piano a lungo termine, con una pianificazione accurata dei soggetti eleggibili alla terapia si possa fare moltissimo per salvare migliaia e migliaia di ammalati prima che sviluppino cirrosi epatiche gravi o epatocarcinomi. Anzi si devono adottare screening per evidenziare quanto prima la presenza del virus, prima della sviluppo della malattia. E’ l’unico modo per tagliare la testa al toro. Il Ministero della Salute in Italia ha messo a punto un piano che abbracci l’epatite B e l’epatite C e che parte dalla conta degli ammalati, ma le epatiti poi non sono solo le due più diffuse, anche se è vero che l’Italia ha il triste primato europeo di infezioni da virus C con un milione di ammalati e con 330mila casi di cirrosi. A tutto questo va aggiunta la perdita della produttività e la necessità di risorse ingenti a sostenere il decorso delle malattie. Si muore nel nostro Paese ancora troppo per cirrosi e tumore primitivo del fegato: 20.000 casi annui, quasi tutti distribuiti in Campania, Puglia e Calabria. Il piano del Ministero prevede un test rapido di positività per virus C che si basa sulla ricerca degli anticorpi su campioni di saliva. Bisogna dare atto all’Italia delle sue campagne positive di vaccinazione per l’epatite B che è obbligatoria dal 1991, per cui per questa diffusione siamo veramente messi molto bene, mentre nel mondo occidentale le persone affette da epatite B sono attualmente 240 milioni. Ad onor del vero anche per l’epatite C il successo per l’eradicazione è stato eccezionale, al di là dei costi della terapia orale, ed il 90% dei soggetti trattati è guarito. Questo significa che per 12 settimane dopo la fine del trattamento é stato sottoposto a controllo nel sangue della presenza dell’HCV-Rna che è risultato negativo. Il 10% a causa di un particolare profilo virale non riesce a guarire definitivamente, ma anche per un avanzare della patologia epatica  di fondo o per recidiva di malattia. A queste possibilità va messo in pareggio anche l’innocenza assoluta chimica dei farmaci utilizzati. In pratica ogni volta che c’è una possibilità di vedere la luce in fondo al tunnel di una malattia infettiva vengono fuori problemi che ci costringono di nuovo, non a cominciare punto ed a capo, ma almeno a rifare….la conta, purtroppo degli ammalati.
gianpaolopalumbo.ilponte@gmail.com

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