L’eutanasia nei film e nel mondo

 

La dolce morte, di cui abbiamo già parlato (Il Ponte, 23, 2016), è stato argomento sia di film che di documentari televisivi.
“One million dollar baby” è un film, vincitore di un premio Oscar, che descrive il caso di una donna in stato semivegetativo a causa di un incidente sportivo, che chiede al suo allenatore di aiutarla a porre fine alle sue pene. L’uomo inizialmente rifiuta ogni discussione poi, coinvolto emotivamente dalle sofferenze di una persona che ama molto, acconsente.
L’eutanasia come atto d’amore lo troviamo anche come tema del film “Good” (regia di Vicente Amorim) nel quale un professore, di buoni principi morali, scrive un libro sulla’eutanasia come atto estremo d’amore volto alla cessazione delle sofferenze della persona cara. Il libro accende l’interesse degli alti gradi del partito nazista che chiedono al professore un trattato sull’eutanasia da adoperare per giustificare l’eliminazione fisica dei degenti con gravi malattie, sia fisiche che psichiche. Un film intenso che indica come anche il bene più profondo può essere travolto ed utilizzato per fini diversi.
Secondo Giordano Bruno “Ogni legge non ha il diritto di essere approvata se non serve al convitto umano”. Nel pensiero del Nolano, ripreso in un recente libro del professor Masullo, è l’individuo il centro della società e ogni legge che va contro i suoi diritti è da cancellare. Secondo l’attuale legge italiana l’eutanasia attiva è assimilabile all’omicidio volontario con l’attenuante del consenso del malato (art. 579 c.p.) così pure il suicidio assistito (ex art. 580 c.p.).
Ma in altre parti d’Europa l’eutanasia è legale anche se richiesta da minorenni e da persone che non sono in fin di vita.
È il caso, ad esempio, di Simona De Moor, cittadina belga di 85 anni, che cinque minuti dopo il decesso di sua figlia ha iniziato a desiderare di seguirla, morendo anche lei il più presto possibile. Per tale motivo chiese l’eutanasia, che le fu concessa.
La storia della donna belga è stata l’argomento di una puntata dello show australiano “Dateline”.
Simona, da quando aveva perso il marito viveva con la figlia Vivienne. Quando costei morì, in seguito a un’operazione chirurgica, pur essendo in buona salute, trovò il lutto un dolore insopportabile.
Secondo la giurisprudenza belga è consentito anche alle persone sane di morire, basta che un medico confermi che stiano soffrendo in modo «insopportabile». In questo caso, il dolore non era né fisico né psicologico, ma morale. Tale distinzione non ha più nessuna importanza in Belgio, come dimostrato anche dai dati statistici. Nel 2013 in Belgio sono decedute per eutanasia 1.816 persone, i dati successivi riportano un aumento rispetto al 2012 del 26,8%, essendosi verificati in quell’anno 1.432 casi (quindi 150 casi di eutanasia al mese, ovvero cinque al giorno). In Olanda, dove si applicano leggi simili a quelle belghe i dati sono meno precisi, per differenti metodi di registrazione, ma egualmente elevati.
Tra le tante storie di eutanasia estrema che si trovano sui giornali e in rete uno dei più eclatanti, che ha colpito anche i più convinti sostenitori della “dolce morte”, è quello che riguarda Laura, nome fittizio dato a una ragazza di 24 anni che stava fisicamente bene, aveva molti amici, eppure ha richiesto ed ottenuto l’eutanasia perché depressa affermando che: «ritengo che vivere non faccia per me».
I casi di Simona e Laura, a parte la differenza di età, sono molto simili, ed indicano come in alcune nazioni si possa accedere all’eutanasia anche a causa dell’ “insostenibile leggerezza dell’essere”.  Questo è il titolo di un racconto di Milan Kundera nel quale l’autore sostiene che l’esistenza e le scelte che ognuno compie nella breve o lunga durata della sua vita appaiono, ad un’analisi complessiva, del tutto irrilevanti, e in ciò risiede la loro leggerezza.  Eppure l’uomo ha la necessità di trovare in essa un significato. Il contrasto tra questa sfuggente evanescenza e tale umana necessità si risolve in un paradosso insostenibile per l’individuo.
Nel corso del romanzo, Kundera estremizza, in una profonda trattazione filosofica il tema di libertà e costrizione, di necessità umana (Ananke) e contingenza. Giunge alla conclusione che lo spazio della libera affermazione individuale, cioè il prezzo della libertà, sia la sensatezza dell’esistenza tutta. Ma se questa non esiste, l’affermazione dell’individuo diviene un concetto effimero.
Ma per un medico la vita umana non è mai effimera. Personalmente e sommessamente considero indispensabile applicare ogni metodo che la tecnologia e la scienza offrono per sostenere la vita. L’accanimento terapeutico è spesso inutile, ma l’omettere la terapia è una colpa grave. Caso diverso è quello di un operato per neoplasia cerebrale, a cui sia stato asportato gran parte del cervello, che sopravvive solo grazie a una macchina che ne sostiene il coma (chi non staccherebbe la spina?). In questi casi ci si trova in una zona oscura, di limite, in cui le dottrine sono contrastanti ed ogni scelta può essere moralmente discutibile e contestabile.
A voi lettori le conclusioni.

Per saperne di più:

http://www.tempi.it/belgio-simona-eutanasia-85-anni-sana#.V2-c7biLTIU
http://www.tempi.it/belgio-casi-di-eutanasia-aumentati-di-oltre-il-700-per-cento-in-11-anni-oggi-sono-almeno-cinque-al-giorno#.V2_itriLTIU
http://www.corriere.it/esteri/15_luglio_04/si-belgio-all-eutanasia-laura-che-24-anni-non-ha-voglia-vivere-f876a4ac-220e-11e5-a8a7-86b884c5fff2.shtml?refresh_ce-cp
http://www.tempi.it/belgio-concessa-eutanasia-a-laura-24-anni-sana-fisicamente-ma-depressa#.V2_mO7iLTIV

raffaeleiandoli.ilponte@gmail.com

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