ALLARME TUMORI: LE CURE COSTANO TROPPO

 

 

Scopriamo ogni giorno nuovi farmaci, nuove tecniche in radiologia ed apriamo nuovi reparti dedicati alla diagnosi ed alla cura dei tumori. Tali innovazioni sono le benvenute ma bisogna iniziare a fare i conti con la crisi economica.  In Italia gli ammalati oncologici sono tre milioni ed aumentano di 90mila all’anno che, grazie alle diagnosi sempre più precoci, alle cure personalizzate, ai farmaci intelligenti,  avranno – in numero sempre maggiore – una remissione clinica, oltre a quelli che  vinceranno definitivamente la loro battaglia. E pensare che nell’anno 2010 i portatori di tumore erano 2milioni e 600mila  e nel 2015 abbiamo registrato un incremento  del 20% negli ultimi cinque anni. Il Sistema Sanitario Italiano spende 5.000 euro l’anno per i suoi ammalati di cancro con  “uscite” che aumentano del 15% all’anno dovute ai farmaci innovativi ed a terapie tecnologicamente sempre più all’avanguardia. Tale spesa può arrivare anche ai 40mila ed ai 100mila euro quando alcuni tumori vengono trattati con particolarissimi farmaci. Ogni cittadino italiano contribuiva con 114 euro all’anno per la spesa oncologica totalmente intesa, oggi siamo arrivati a 300 euro per cittadino all’anno. Il numero di  farmaci antitumorali è di 132, con ben 63 immessi sul mercato negli ultimi quindici anni. Tutti si chiedono perché tali presidi debbano costare tanto. Per i non addetti ai lavori sembrano cifre spropositate, ma a riguardo va detto che le autorità di controllo ammettono alla libera circolazione una sola molecola ogni 10mila richieste presentate e solo due farmaci su dieci riescono a coprire i costi di sperimentazione e di sviluppi.  Ci sono presidi farmaceutici che non arrivano neppure al giudizio delle commissioni di verifica mondiali ed europee nonostante i colossi farmaceutici abbiano investito un miliardo di euro per ogni ricerca. Proprio questi colossi dovrebbero cercare un dialogo con l’ente europeo di autorizzazione e controllo sui farmaci per creare un diretto collegamento tra costo ed efficacia clinica  e legarlo al costo dei nuovi prodotti. Abbiamo già detto che nel nostro Paese gli oncologici sono tre milioni ed uno su quattro può considerarsi guarito con un’aspettativa di vita identica a chi non ha mai avuto una diagnosi di tumore. La maggior parte dei “guariti” torna a svolgere una propria attività, vivendo normalmente come prima della diagnosi e delle cure. Una grossa fetta in realtà è da considerarsi disabile con gravi ripercussioni in campo lavorativo, sociale ed economico. La maggior parte delle persone che hanno superato la fase acuta “vive” solo per i controlli successivi, atti ad anticipare una ricaduta della malattia, trascurando molti altri aspetti. Prima di tutto una riabilitazione oncologica non deve essere solo quella legata ad una riabilitazione fisioterapica, ma deve essere nutrizionale, psicologica e di conoscenza delle proprie problematiche. Aspetto quest’ultimo da non trascurare perché, nonostante la guarigione, si possono presentare tardivamente (anche dopo parecchi anni)  complicanze legate ai vari trattamenti subiti: chirurgici, radioterapici e chemioterapici. Per quanto attiene la riabilitazione nutrizionale, va ricordato che il 30% dei tumori nasce a tavola o, meglio, negli errori della dieta. Fin dalle scuole primarie andrebbe insegnato ai ragazzi che sono utili frutta e verdura  e molto meno interessanti sono le sostanze grasse che sono nocive alla salute, quasi al pari del fumo della sigaretta. Ci sono alcune neoplasie influenzate da ciò che mangiamo e dai chili di troppo che ci portiamo dietro: colon retto, mammella, fegato, pancreas, rene, esofago, cervice dell’utero. Si potrebbe partire dalla dieta contro il cancro per arrivare ad un’educazione alimentare molto più vasta per promuovere la cultura giusta del mangiare bene, che significa vivere bene.  E’ amara la considerazione che l’Italia, il Paese famoso al mondo per la sua dieta alimentare, quella mediterranea per intenderci, presenta il primato europeo del sovrappeso infantile, con il 12% di soggetti in età pediatrica obesi. Ritornando ai controlli post guarigione, va detto che sono utili comunque, perché può arrivare al 15% la fascia della popolazione guarita che si ammala di un secondo tumore. A questo punto bisogna considerare anche la prevenzione degli ex ammalati di cancro, che si vanno ad aggiungere ai costi non più sostenibili per la crisi economico-finanziaria. E’ vero, e lo abbiamo detto, che il  nostro sistema sanitario soffre la quota oncologica delle spese, ma soffre anche il contenimento della spesa generale, con il blocco del turn-over per il personale sanitario, aggravato dalle giuste leggi europee per il rispetto dell’orario di lavoro. Secondo noi, per coloro i quali hanno un reddito  basso e non possono sostenere i costi di un’assicurazione sulla propria salute ma possono avere una aspettativa di vita che l’odierna medicina può assicurare, è necessario che vengano riscritti alcuni parametri importanti dell’assistenza. I costi elevati vanno di pari passo con il numero delle vite salvate, perché anche in medicina o soprattutto in medicina non è consentito oggi fare le nozze  con i  fichi secchi. I nuovi farmaci hanno cambiato la storia delle malattie oncologiche e reso la guarigione una possibilità sempre più concreta. Vanno riscritti i contenuti dell’assistenza, almeno quella necessaria ed utile agli ammalati di cancro, al di là del facile ricorso alle polemiche sugli sprechi in sanità e sulla disomogeneità delle cure nel nostro Paese, con differenze tra Nord e Sud e tra le varie regioni.  Probabilmente chi ci governa o ci governerà dovrà anche disegnare un nuovo modello di stato sociale ben lontano dagli standard degli Stati Uniti e dell’Inghilterra, terre meravigliose per tantissime ragioni ma dove chi non ha soldi per assicurarsi o per chi ha un tumore ma più di 65 anni di età deve pagarsi tutto da solo. Questo è uno dei tanti motivi, probabilmente non l’unico ma certamente importante, per cui la crisi della finanza sembra non averli colpiti, o almeno colpiti di meno rispetto ai Paesi “buonisti” come l’Italia.
gianpaolopalumbo.ilponte@gmail.com

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