“Il Caso Penicillina” nell’ultimo lavoro di Giovanni Savignano. Perchè il lavoro dei ricercatori italiani non fu considerato?

 

 

Presso l’Università di Napoli, nel 1895, un medico della Facoltà pubblicò un lavoro sugli effetti antibiotici delle muffe di alcune specie di Penicillium. Il Dottor Vincenzo Tiberio aveva trovato queste muffe nelle vicinanze di un pozzo nel cortile di casa sua ad Arzano.
Pur essendo pubblicata su una rivista scientifica qualificata il lavoro finì per non essere, almeno apparentemente, considerato né in Italia né all’estero.
Altri italiani, quali A. Cantani, G. Zagari, A. Pavone, L. Manfredi, G. Gasparini e B. Gosio, compirono le medesime esperienze giungendo allo stesso risultato con l’impiego di questa muffa.
Ma perché il lavoro di questi ricercatori italiani non fu considerato?
Il lavoro dei ricercatori italiani non venne considerato perché scritto in italiano e non in inglese (!!) e furono tre i premiati per la scoperta del farmaco perché fu necessario un ulteriore lavoro di ricerca per la purificazione e standardizzazione del medicinale.
E fu così che la scoperta della penicillina venne attribuita allo scozzese Alexander Fleming che, nel 1929, presentò apparentemente per la prima volta un lavoro sugli effetti antibiotici di alcune muffe.
Nel 1945  il premio Nobel per la medicina venne assegnato ex aequo ad A. Fleming,     B. Ernst e e H.W. Florey per la scoperta della penicillina e del suo effetto curativo in varie malattie infettive.
Perchè il premio  Nobel a tre ricercatori e non solo a Fleming?
Fleming nel 1928 aveva notato che in una piastra di coltura contaminata da una muffa la crescita batterica era inibita; così nacque la penicillina G capostipite di tutta la famiglia, usata ora solo come profarmaco per sintetizzare le nuove penicilline.
Le penicilline sono antibiotici beta-lattamici isolati da prodotti del metabolismo di alcune specie di Penicillium, in particolare Penicillium notatum.
Fu subito chiaro, dalle prime applicazioni sul campo, che la penicillina G era attiva solo sui germi Gram positivi e che per effettuare iniezioni endovenose doveva essere salificata (penicillina G sodica o potassica) ma ciò la rendeva estremamente caustica e dolorosa. Un’iniezione intramuscolare, anche con i recinti preparati, risulta dolorosa.
Fu anche subito evidente che, data l’elevata idrosolubilità della molecola, il farmaco si distribuiva male nell’organismo e occorreva una somministrazione ogni 4 ore per mantenere livelli sufficientemente elevati del medicinale nel sangue. Cercando un rimedio a tali inconvenienti si pensò a una forma più oleosa per iniezioni, così la penicillina venne esterificata prima con la procaina e in seguito con la benzatina che, aumentando il periodo di permanenza nel sangue, permettevano di aumentare gli intervalli di somministrazione fino a 48 ore, poiché le due molecole legate insieme necessitavano della esterasi dei tessuti per staccare dalla penicillina e renderla disponibile per le successive tappe metaboliche ed, infine, per l’eliminazione completa. Successivamente venne modificata direttamente la molecola, portando alla scoperta della penicillina V o fenossimetilpenicillina somministrabile anche per via orale, ma ancora inefficace su Gram negativi e inibita dalle penicillasi.
Dal 1941 la penicillina viene utilizzata contro infezioni batteriche e veneree. Si è ancora in pieno conflitto Mondiale e le infezioni delle ferite sul campo di battaglia e le infezioni veneree mietono un numero elevatissimo di vittime tra civili e militari. Con l’avvento della penicillina la sifilide, che fino ad allora terminava con il decesso o con il ricovero in centri specializzati per la neuro-sifilide, diviene una patologia facilmente curabile.
Nel 1943 l’industria americana, spinta dalla necessità di curare i feriti nel corso della Seconda Guerra Mondiale, ne cominciò la produzione a livello industriale, rivoluzionando il mondo della medicina e creando una nuova era per la moderna farmacoterapia.
La storia della antibiotico-terapia e della penicillina è stata tracciata, con un linguaggio letterario scorrevole e diretto, nell’ultimo libro del collega Giovanni Savignano, radiologo presso l’Azienda Ospedaliera Moscati.
Il libro “Il Caso Penicillina” è stato presentato il 18 marzo in una tavola, rotonda tenutasi presso l’aula multimediale dell’Ospedale.        I dottori  Carmelo Lombardi, Primario del Servizio di Radiologia e persona di grande cultura, e Nicola Acone, Primario dell’Unità Operativa di Malattie Infettive e centro AIDS, ne hanno sottolineato la completezza della narrazione ed il particolare modo di scrivere del Dottor Savignano, che rende il testo avvincente dalla prima all’ultima pagina.
Leggendo il libro, molte altre cose si scopriranno su questo antibiotico, che ha sconvolto totalmente il modo di curare le malattie.
Per saperne di più:
“Il caso Penicillina” Edizioni Il Papavero, 2016.

raffaele iandoli.ilponte@gmail.com

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