Privatizzazioni

 

 

Nella scorsa settimana due notizie hanno colpito l’attenzione dei cittadini: la brutta storia dell’acqua irpina e la polemica tra il Direttore dell’AIR e l’assessore del Comune di Avellino, Penna, che aveva sollecitato “tempi certi” per i lavori all’autostazione:“al massimo 18 mesi, per completare l’opera, altrimenti non è detto che l’opera debba restare privata”!
Per capire di più ci tocca dire qualcosa sulle privatizzazioni delle aziende di proprietà dello Stato e degli enti territoriali, che furono avviate all’inizio degli anni ’90 quando alcuni esponenti della finanza mondiale ed italiana si ritrovarono a bordo del panfilo Britannia, a largo di Civitavecchia, e pianificarono il processo che portò alla vendita dell’industria statale.
I vantaggi della privatizzazione (la riduzione delle spese a carico dello stato e la migliore efficienza di gestione da parte del privato) e l’obiettivo finale (la riduzione del debito pubblico) non furono realizzati a pieno. Vennero cedute le aziende decotte dell’IRI ma furono, anche, svendute società strategiche nel panorama industriale mondiale. Non solo, ma insieme al “bene impresa” vennero quasi regalati ai privati i beni patrimoniali, frutto di costosi investimenti pubblici.
Lo Stato divenne più leggero ma anche più povero e le poche famiglie che avevano capitali da investire riuscirono a moltiplicare gli utili in poco tempo! I governi che vennero dopo si distinsero per lo sperpero (e la cattiva gestione) delle poche risorse ottenute ed i loro effetti drammatici esplosero nel cuore della crisi economica mondiale degli ultimi 5 anni.
Un altro aspetto della privatizzazione riguardò la trasformazione di tante aziende pubbliche (quelle che gestivano pubblici servizi) in aziende private, con una struttura organizzativa e normativa di carattere privatistico. Diventarono soggetti di diritto privato le FFSS, le Aziende municipalizzate, quelle regionali e/o di proprietà dello Stato. Vi fu una cessione parziale (solo quote societarie) della proprietà ai privati ma, soprattutto, si convertì la loro gestione alle regole del sistema privatistico, anche in funzione di una futura, più ampia, privatizzazione.
Malgrado gli errori del passato, la voglia di privatizzare non si è esaurita. Anzi, se fino a qualche tempo fa gli interessi della finanza hanno riguardato settori strategici del sistema pubblico (la sanità, i trasporti, l’energia, le comunicazioni) oggi gli appetiti dei potentati economici sono rivolti a quei beni che, nei prossimi trenta anni, saranno meno reperibili (l’acqua) o più ricercati dai cittadini (le nuove tecnologie). E’ legge di mercato: i soldi si muovono dove possono rendere di più. Ieri i servizi, oggi tocca all’acqua: i nostri nipoti pagheranno cara anche l’aria da respirare, visto che quella buona sarà sempre più rara!
C’è da chiedersi: è possibile accettare passivamente scelte sciagurate finalizzate a ridurre ogni potere del cittadino su un bene di primaria importanza quale è l’acqua pubblica? Che senso ha immaginare l’ingresso dei privati nella gestione di questa risorsa essenziale? E la necessità di ridurre i debiti, può giustificare la svendita del potere di controllo sulla gestione dell’acqua?
Certo, se si guarda ai risultati ottenuti dagli amministratori che si sono succeduti alla guida dell’Alto Calore negli ultimi trenta anni, il desiderio di una rivoluzione diventa impellente: il debito, cresciuto in maniera esponenziale (malgrado gli aumenti delle tariffe) e la mancanza di investimenti nei settori strategici (la manutenzione degli impianti e la riduzione degli sprechi). E nessun intervento importante sulle cause dei debiti e sugli sprechi delle risorse! Faccio un esempio per aiutare a capire. E’ noto che la quota di debito più rilevante dell’Alto Calore è quella relativa ai consumi elettrici necessari per il funzionamento delle pompe di sollevamento degli impianti. C’è da chiedersi: come mai nessuno dei manager (?) nominati dalla politica ha mai pensato di investire poche ma importanti risorse per produrre, da fonti rinnovabili, l’energia elettrica necessaria a coprire il fabbisogno dell’azienda? Bisognava aver studiato economia ad Oxford (come certamente avranno fatto i “prescelti”) o sarebbe stata sufficiente la diligenza del buon padre di famiglia ?
Oggi, come cittadini e come cattolici, abbiamo il dovere di non arrenderci rispetto alle scelte sciagurate che costoro stanno organizzando in danno delle nostre comunità! Dobbiamo impedirlo perché non è in ballo solo la nostra dignità di cittadini: la battaglia dell’acqua è la battaglia per la vita, per noi e per il futuro dei nostri figli e nipoti!
Passiamo, quindi, alla polemica tra Preziosi e Penna che ci ha lasciato, davvero, basiti!
Il Direttore dell’Air, chiamato in causa sull’inammissibile ritardo nella conclusione dei lavori all’autostazione (dovevano durare 18 mesi e sono trascorsi oltre dieci anni), accusa l’assessore Penna di “spostare l’attenzione dalle loro incapacità all’Air senza spiegare le ragioni per cui il Comune ha perso un finanziamento europeo di 7,7 milioni di euro per le aree di interscambio” ed aggiunge:“ci spieghi come pensa che una proprietà privata (l’autostazione) possa diventare pubblica..!!”.
La querelle merita approfondimenti (che ci saranno). Per il momento vogliamo segnalare due questioni: la denuncia relativa alla perdita del finanziamento europeo, perché, qualcuno dovrà pur chiarire di chi è la responsabilità e se qualcuno ha pagato per questa grave inefficienza!
L’altra questione tocca la concezione del Direttore dell’Air sul ruolo suo e della sua azienda. Preziosi, veramente, crede che l’autostazione possa essere considerata (al di là dei nominalismi) un bene privato, malgrado le decine di milioni di euro di soldi pubblici impegnati fino ad oggi? O egli vorrà dirci chi sono i capitalisti che hanno investito (male) le loro risorse nell’autostazione? Chi risarcirà i cittadini per i ritardi e le inefficienze subiti? Ed infine, se l’autostazione fosse veramente un bene di proprietà privata (che so, della Fiat o dei Benetton) quanto tempo ancora i proprietari aspetterebbero per licenziare i responsabili del ritardo?
Aspettiamo risposte vere, non frasi fatte o polemiche fasulle!

michelecriscuoli.ilponte@gmail.com

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